De Tomaso P-70 |
Questa vettura nacque da un'idea del progettista statunitense Peter Brock, che lavorava presso il team del pilota e preparatore americano Carroll Shelby. La piccola Casa modenese, che fino ad allora aveva prodotto solo poche vetture da competizione ed una cinquantina di coupé Vallelunga, era desiderosa di fare un salto di qualità e sperava che gli americani l'acquistassero per sostituire le loro Lang Cooper a telaio tubolare ormai al limite dello sviluppo.
Ma proprio nel 1965, Shelby venne coinvolto dalla Ford nel programma della Ford GT40, che fino ad allora aveva dato risultati deludenti. Il preparatore si dedicò completamente a questo nuovo incarico, cosicché Alejandro De Tomaso si trovò senza il principale destinatario della sua nuova Sport.
De Tomaso strinse quindi un accordo diretto con Pete Brock, che nel frattempo aveva lasciato la Shelby American per fondare la Brock Racing Enterprises; l'americano era intenzionato a produrne senza grossi problemi cinquanta esemplari per poterla omologare tra le GT. Per seguire la realizzazione del protitipo, Pete Brock si trasferì in Italia per collaborare coi tecnici della Carrozzeria Fantuzzi, che avrebbero materialmente realizzato l'auto sulla base meccanica fornita da De Tomaso.
Il punto di forza e la principale innovazione della "P70" ("Sport 5000" al momento della presentazione) era il telaio monotrave in alluminio, ispirato a quello della Vallelunga, che prevedeva il motore posteriore centrale come elemento strutturale, come nelle auto da competizione degli anni settanta.
Era dotata di carrozzeria in alluminio dalla linea molto aerodinamica, con due grosse prese d'aria e l'ampio alettone posteriore mobile comandato dalla leva del cambio (una soluzione in seguito vietata). La vettura fu progettata per accogliere motori Ford-Shelby V8 da 4.2 litri, 4.7 litri e 5.3 litri, fino ad arrivare ai 6,8 litri per la Can-Am (da qui il nome P70: Posteriore 7000). Alimentato da quattro carburatori Weber doppio corpo e accoppiato ad un cambio a cinque rapporti De Tomaso, la versione da 6.786 cm³ si supponeva sviluppasse 526 CV.
Non potendo partecipare alle gare del Campionato del mondo sportprototipi in quanto concepita secondo i dettami del regolamento Gruppo 7 per la Can-Am, la P70 fu sottoposta a parecchie modifiche (soprattutto alla carrozzeria, che fu dotata di portiere e di quanto necessario alla circolazione stradale) e dotata del motore Ford di 4,7 litri per conformarsi al diverso regolamento gruppo 4 e permetterle di iscriversi alle gare del mondiale marche e fu pertanto ridenominata Sport 5000 Fantuzzi Spyder, ma la sola competizione a cui partecipò fu il GP del Mugello del 1966 con Roberto Bussinello, costretto al ritiro al primo giro.
La Sport 5000 fu iscritta anche alla 12 Ore di Sebring del 1966 per gli italiani Umberto Maglioli e Franco Bernabei e il belga Pierre Noblet e successivamente si decise di correre alla 1000 km di Monza del 1967 e avrebbero dovuto pilotarla Baghetti e Bussinello, ma in entrambe le occasioni la vettura non venne portata in pista, mentre la domanda di iscrizione alla 24 Ore di Le Mans 1966 non fu nemmeno accettata.
Il telaio della P70 divenne la base tecnica della De Tomaso Mangusta, che deve il suo nome al desiderio di rivalsa nei confronti del preparatore statunitense e delle sue Cobra: infatti la mangusta è famosa per essere uno dei pochi mammiferi in grado di cacciare i serpenti...
De Tomaso Pantera |
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