venerdì 3 febbraio 2017

Mercedes-Benz W196






Nei primi anni delle competizioni automobilistiche, il regolamento era assai permissivo ed i tecnici potevano dar libero sfogo alla propria creatività. Ma nel 1954 le nuove regole imponevano una cilindrata di 750 cm³ per motori con compressore o 2500 cm³ per motori atmosferici; libera scelta per la miscela di carburante, e gare su una distanza di 300 km (o un minimo di tre ore).

Per il ritorno alle competizioni, i tecnici della Mercedes-Benz misero a punto il progetto W196; il motore (M196) era un otto cilindri in linea, bialbero da 2496 cm³, con innovativa distribuzione desmodromica, che consentiva di eliminare le molle di richiamo delle valvole e di poter funzionare a regimi più alti. Un'altra novità fu l'alimentazione ad iniezione diretta, sviluppata attraverso l'esperienza acquisita sul caccia Messerschmitt Bf 109 durante la Seconda guerra mondiale. Il motore era fissato al telaio con un'inclinazione di 28° sul lato destro e venne disassato rispetto all'asse longitudinale della vettura per permettere all'albero di trasmissione di poter passare a fianco del sedile del pilota. La potenza massima raggiunta da tale propulsore era di 260 CV, ma durante l'attività sportiva della W196, protrattasi per un anno e mezzo, si arrivò anche a 295 CV ad 8 500 giri/min.

Il carburante utilizzato era una miscela Esso altamente reattiva con il codice RD 1, ottenuta con il 45 % di benzene, il 25 % di metanolo, il 25 % benzina (110/130 ottani), acetone al 3 % e 2 % di nitro-benzene. Questa miscela avrebbe mangiato un serbatoio di acciaio durante la notte.

Il telaio della W196 era leggerissimo (36kg), ed era formato da una struttura reticolare di tubi in magnesio saldati tra loro. Innovative anche le sospensioni a ruote indipendenti sui due assi, schema che venne poi utilizzato sulla produzione delle vetture da strada. L'impianto frenante prevedeva quattro tamburi a doppia ganascia con alettature di raffreddamento, sistemati entrobordo in modo da ridurre le masse non sospese. L'interasse del telaio era originariamente di 2,33 m, ma nel corso della carriera della W196 venne via via ridotto fino a raggiungere 2,15 m.

La peculiarità di questa vettura stava però nella carrozzeria. Completamente in alluminio, presentava una carenatura completa delle ruote come avveniva sulle vetture Sport (per questa vettura vennero condotti i primi studi della storia della F1 in galleria del vento su un modello in scala 1:1). La casa di Stoccarda esordì con le sue nuove vetture al circuito di Reims dove Fangio raggiunse per la prima volta i 200 km//h in un circuito, vincendo la gara. Ma a Silverstone, la scarsa maneggevolezza della vettura si fece sentire parecchio. Fangio non riusciva a spremere il vero potenziale della sua Mercedes, trovandosi a dovere sgusciare tra i coni che delimitavano la pista con una macchina grande, ingombrante e poco reattiva. Si capì subito che la versione della carrozzeria carenata portava benefici solamente sui circuiti veloci. La Mercedes carenata, con una resistenza aerodinamica di 80kg arrivava a 175 km/h, la stessa vettura a ruote scoperte, toccava solamente i 157 km/h, mentre a 250 km/h, velocità massima, la differenza di resistenza aerodinamica era di 37kg in meno in favore della versione carenata. Con una minore velocità di punta, ma meno pesante (circa 100 kg) e più agile, la W196 privata di carenature debuttò al Nürburgring, dove Fangio riuscì ad arrivare sul gradino più alto del podio. L’argentino trionfò anche in Svizzera e a Monza, questa volta con la versione carenata della vettura, che si adattava bene ai lunghi rettilinei del tracciato brianzolo (da allora la versione carenata venne denominata “Monza). Nel 1955 la Mercedes corse praticamente solo con la vettura a ruote scoperte.

Al mondo restano solo dieci esemplari di W196 dei 14 realizzati alla casa tedesca

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